il Papireto un fiume che scorreva, alimentato dalla sorgente dei Danisinni e da numerose polle, lungo la depressione naturale, estesa per tre chilometri dai Danisinni al mare (attuali Piazza Peranni, via Gioiamia, Piazza SS. Cosma e Damiano, Piazza Monte di Pietà, Piazza S. Onofrio, Via Venezia e Piazza Caracciolo dove fino al XVI sec. penetrava il vecchio porto).
Ibn Hawqal, nell'anno 977, così ci descrive il Papireto che nelle attuali Piazza Peranni e Papireto assumeva l’aspetto di un lago: « fiancheggiato di vasti terreni paludosi, i quali dove producono canna persiana, dove fanno degli stagni, dove dan luogo a buone aie di zucche. Quivi stendesi anche una fondura tutta coperta di papiro, ch'è proprio la pianta di cui si fabbricano i rotoli di foglio da scrivere. Io non so che il papiro d'Egitto abbia su la faccia della terra altro compagno che questo di Sicilia". Dalle piante di papiro il fiume prese il nome di Papireto
Qui il fiume Papireto, fino al XVI sec., attraversando una grande fondura si apriva in un lago. Nella cartografia del XIX secolo il luogo viene indicato ancora come “lago del Papireto”.
Sebbene fossero passati tre secoli dal suo incanalamento rimanevano gli avvallamenti profondi creati al momento di ricoprire la fondura, che alle prime piogge si colmavano d’acqua.
La Villa Papiretana
Nel 1832, si legge nella “La città perduta di R. La Duca”, il generale Giuseppe de Tschiudy, comandante delle truppe borboniche in Sicilia, provvide a far livellare questa zona e ad impiantarvi una villa pubblica, intitolandola a Leopoldo, Conte di Siracusa, luogotenente del Regno, ma comunemente detta « Papiretana » per la sua posizione topografica.
La villa era su un pianoro cui si accedeva per dei comodi viali ombreggiati da acacie, platani e salici. Una orchestrina spesso allietava chi sostava nella villa impreziosita al centro da una fontana.
La villa per 16 anni fu ben curata e sorvegliata a spese del generale Tschiudy che pagava 24 ducati al mese. Fu distrutta il 27 gennaio del 1848 dal popolo insorto. Al suo posto fino alla fine del secolo uno spiazzo accidentato e polveroso.
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