domenica 21 novembre 2010


Oggi la pasticceria Amato a Palermo è tra le più antiche, il nonno Carmelo apri la prima pasticceria carattere industriale nei primi del '900






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martedì 16 novembre 2010

categoria fast food "u' Frittularu" "u' Mussaru"

Una tradizione oramai secolare tramandata dagli Arabi di certo è il fast food, per le strade dei mercati e facile trovare varie specialità culinarie quella della frittola ovvero ritagli di carne detti anche ciccioli messi dentro un paniero e serviti in un bel panino caldi e umidi con una bella spremuta di limone e pepe...davvero squisito
Anche questo è fast food., i nervetti serviti per strada serviti in un piatto e tanto limone (vista L'abbondanza in Sicilia) i nervetti al kg 5,00 mentre i limoni anche € 0,50 al kg
Porta Carini e la Domenica mercato Palermo

sabato 13 novembre 2010

....Quattro passi a Palermo

In questa passeggiata si ripercorrono i luoghi descritti da Luigi Natoli nel suo romanzo storico in cui vede protagonista la famosa setta dei Beati Paoli, avvolta in un misterioso e criptato silenzio, che si tramanda fin dalla sua origine settecentesca e, citata dal Villabianca nel tomo XIV degli opuscoli palermitani.
Infatti, sembra impossibile, a distanza di tanti secoli dal loro presumibile scioglimento sono protetti dal popolo incredulo.
Le sue tracce, iniziano presso il più vasto dei complessi cimiteriali ipogeici conosciuti a Palermo, nelle Catacombe paleocristiane dell’IV-V secolo d.c., una serie di cunicoli che affondavano nella sua rete che si diparte oltre le antiche mura di Porta d’Ossuna, nella depressione naturale del transpapireto, si distribuisce all’intero di un preciso quartiere, il “Capo”, segreto di quell’imprendibilità che contribuì ad alimentare il mito, nella quale il Natoli ambienta alcuni avvenimenti del romanzo.
La sua ramificazione fu tagliata nel XVI sec. per permettere di costruire dei bastioni che attualmente fiancheggiano Corso Alberto Amedeo
La grotta fu scoperta casualmente nel 1785, effettuando alcuni lavori nel terreno soprastante, scavata nel banco roccioso di pietra arenaria che limita a Nord-Ovest la depressione naturale del Papireto, uno dei due fiumi che, insieme al Kemonia, delimitavano l’area urbana dell’antica Panormus.
L’ingresso attuale è preceduto da un vestibolo circolare e, fu realizzato nello stesso anno della scoperta, per volere di Ferdinando I di Borbone, come riferisce una lapide posta all’ingresso.
Organizzata da una galleria principale con direzione Est-Ovest dove si trova l’ingresso originario con rampe gradinate e adiacente ad esso vi è una camera con basamento trapezoidale con probabile funzione di mensa per i refrigeri e, di gallerie secondarie con direttrice Nord-Sud.
Lungo le pareti si aprono “loculi e Cubicoli”, quest’ultimi, vere e proprie camere sepolcrali, a pianta quadrangolare, detti a “tricora” per via del numero degli arcosoli che la compongono.
Disseminati di piccoli incavi i muri, accoglievano offerte e lampade ad olio, che garantivano la luce insieme a quella proveniente dai lucernai, l’illuminazione necessaria al sepolcreto.
Durante la seconda guerra Mondiale, il complesso fu utilizzato come “ricovero”, in tale occasione le superfici furono imbiancate con della calce che distrusse ciò che rimaneva delle antiche decorazioni.
Subito dopo la piazzetta d’Ossuna inizia la via Cappuccinelle denominazione data per la presenza del monastero di clausura delle cappuccinelle con l’annessa chiesa, costruiti nel 1750, durante i lavori di scavo per le fondamenta vennero alla luce un tratto delle gallerie dell’antica catacomba e in quell’occasione si trovò una lapide sepolcrale che descriveva la tomba di una bambina (Maurica).
In Via Papireto s’incontrano il Palazzo Fernandez e, in una piccola piazzetta all’inizio della depressione del papireto (un tempo occupata dalle sue limacciose acque), il palazzo Molinelli di S.Rosalia; via dei Carrettieri all’angolo con via Matteo Bonello un tempo via dell’Angelo Custode per via della presenza dell’attuale chiesa della confraternita degli staffieri il cui patrono è l’Angelo Custode: edificata nel 1701 ad unica navata, ha la caratteristica di avere nella facciata una scalinata a doppia rampa “Tenaglia”, tipica delle casene di villeggiatura settecentesche.
La cripta di questa chiesa, manomessa in quanto adibita ad altro uso, è collegata ad un reticolo di passaggi e camminamenti utilizzato dalla famosa setta, ma attualmente ne sono stati ostruiti gli accessi.
Addentrandosi fra i vicoli si può notare un’edilizia disadorna con qualche vetusto palazzo che cela nelle sue fondamenta una serie di grotte sconosciute ed inaccessibili… Rientrando in via Cappuccinelle si arriva un uno spiazzo qui il piano orografico si presenta con un’altura nel quale permane la chiesa della confraternita della Mercede, [vedi qui] da una rampa di scale sì c’immette nel piano stradale e, proprio davanti alla scalinata si apre il portone del barocco Palazzo Serenari con bellissime inferriate ai balconi a petto d’oca: nel romanzo del Natoli il fabbricato è la dimora di Don Raimondo Albamonte duca della Motta, zio usurpatore del legittimo erede Blasco, protagonista principale, attorno a cui si svolgono tutte le vicende del romanzo

LA STORIA DELLA SICILIA


Questa splendida terra, definita dal Goethe “una terra indicibilmente bella”, fu popolata da fenici, romani,arabi, normanni, francesi, spagnoli, austriaci (e non solo) e ciascuno di questi popoli ha lasciato importanti testimonianze, oggi ancora visibili nei monumenti, nei nomi dei luoghi, nelle tradizioni della gente.

La Preistoria e la Protostoria  Nel Tardo Paleolitico i siciliani vivevano di caccia e raccolta come testimoniano i graffiti nelle grotte di Monte Pellegrino e Levanzo (35.000-5.000 a.C.).
Nell’Età Neolitica l’uomo sviluppa la navigazione, la lavorazione della ceramica e la tessitura. Importanti testimonianze di questo periodo nei siti archeologici di Stentinello, San Cono e Villafrati.Nell’'Età del Bronzo gruppi di popolazione indoeuropee entrarono in Sicilia e con gli indigeni diedero inizio alle civiltà di Castelluccio, Naro, Filicudi, Siracusa, Pantalica.(1.900-1.800 a.C.).In Sicilia sono presenti gli Elimi (secondo la leggenda Elimo era un principe troiano fratellastro di Enea), fondatori di Erice e Segesta, e i Sicani giunti in Sicilia nel III millennio a.C. probabilmente dalla Spagna e stanziati nella zona del Salso.Siculi che introdussero l'uso del cavallo, del rame, la coltivazione del terreno e il culto dei morti.(1.400 a.C.).Età del Ferro. Reperti di questa epoca a Barcellona, Pozzo di Gotto, Monte Finocchitto (Noto) Sant'Angelo Muxaro. Tra l'XI ed il X secolo i Fenici, il cui nome deriva dal greco phoinix, rosso, in relazione alle stoffe color porpora che producevano, fondarono Solunto, Mozia e Palermo (1.200-1.000a.C.). Furono i Fenici ad inventare la leggenda di Scilla e Cariddi, i due mostri che affondavano le navi nelle vicinanze dello stretto di Messina, perché gelosi delle rotte marittime.

I Greci
Attirati dalle fertili terre di origine vulcaniche e dalle aree ricche di risorse naturali, nel 753 a.C. gruppi di mercanti calcidici fondarono Naxos. A differenza dei Fenici, i greci crearono non soltanto empori commerciali ma anche colonie agrarie che raggiunsero le dimensioni di fiorenti città: Siracusa (dai Corinzi), Catania, Selinunte, Agrigento, Gela (da Rodi e Creta). Intorno al 480 a.C. le città greche si coalizzano contro i Cartaginesi sconfitti ad Imera. Segue un periodo ricco culturalmente e artisticamente.

I Romani
Nel 264 a.C. i Mamertini, popolazione italica che aveva occupato Messina, minacciati dai Cartaginesi chiesero aiuto ai Romani. È la Prima Guerra Punica. (264-241 a.C.) La Sicilia, ad eccezione di Siracusa, fu proclamata provincia romana.Nel 218 a.C. scoppiò la Seconda Guerra Punica. I Romani conquistarono anche Siracusa Si introdusse il latifondo e la Sicilia, dopo la terza guerra punica e la distruzione di Cartagine, si trasformò in una provincia con una ricca produzione agricola. Di questo periodo, reperti e monumenti a Termini Imerese, Catania, Tindari, Piazza Armerina e Taormina.

 I Barbari
Nel 440 d.C., Genserico, re dei Vandali, sbarca nella città di Lilibeo, l’attuale Marsala, e distrugge l’intera Sicilia.. Per Roma fu una grande confitta poiché la Sicilia produceva la maggio quantità di grano necessario alla penisola italica e a Roma Alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente la Sicilia sarà ceduta a Odoacre e in seguito ai Visigoti di Teodorico.

I Bizantini
Nel 535 d.C. ha inizio la Guerra greco - gotica, scatenata da Giustiniano, imperatore d'Oriente, per ricomporre l'integrità dell'impero romano. In Sicilia giunge il generale Belisario che rapidamente conquista l'isola. Testimonianze monumentali a Randazzo, Castelbuono, Pantalica. Nel 660 d.C. l’imperatore Costanzo trasferì la capitale dell’impero bizantino a Siracusa.. Assassinato nel 668, per il suo atteggiamento tirannico, fu dichiarato imperatore un aristocratico armeno. Nel 669 il figlio di Costanzo riportò la capitale a Costantinopoli.

Gli Arabi
Nell’ 827 d.C. gli arabi sbarcarono a Mazara e in 100 anni conquistarono l’isola. La capitale siciliana, Palermo, diviene una splendida metropoli di stampo islamico. In questo periodo incendi e disboscamenti crearono danni al territorio. Testimonianze di questo periodo a Palermo, Favara, Cefalà
Diana, Caccamo.Il processo di arabizzazione oggi è visibile nella toponomastica e nell'agricoltura.

Etimologia


Il termine mafia ha diverse possibili origini etimologiche, più o meno verificabili o realistiche:
· Derivazione dalla parola araba Mā Hias, "spacconeria", che sta in relazione con la spavalderia mostrata dagli appartenenti a tale organizzazione.
· Derivazione dall'espressione dell'arabo parlato, e non di quello letterario, mā fī-ha significante "non c'è" o "non esiste".
· Derivazione della parola dalla lingua araba mu'afak, "protezione dei deboli", o maha, "cava di pietra".
· Derivazione della parola dialettale toscana maffia significante "miseria" oppure "ostentazione vistosa, spocchia".
· Derivazione dai Vespri Siciliani ed adottato come sigla per Morte Ai Francesi (Angioini) Indipendenza Anela, a anche Italia Avanti (lo storico Santi Correnti ritiene però che il termine sia precedente alla dominazione angioina).
· Tradizionalmente si narra che un soldato francese chiamato Droetto violentò una giovane. La madre terrorizzata per quanto accaduto alla figlia corse per le strade, urlando «Ma - ffia, Ma - ffia!» ovvero «mia figlia, mia figlia». Il grido della madre fu ripetuto da altri, e da Palermo il termine si diffuse in tutta la Sicilia. Il termine mafia che diventò così parola d’ordine del movimento di resistenza, ebbe quindi genesi dalla nobile lotta dei siciliani. .

la Patrona di Palermo

"Uno. Notti e ghiornu farìa sta via!
Tutti. Viva Santa Rusulia!
U. Ogni passu ed ogni via!
T. Viva Santa Rusulia!
U. Ca nni scanza di morti ria!
T. Viva Santa Rusulia!
U. Ca nn'assisti a l'agunia!
T. Viva Santa Rusulia!
U. Virginedda gluriusa e pia
T. Viva Santa Rusulia!”
ed ogni tanto il grido “E chi semu muti? Viva viva Santa Rusulia”.

Santa Rosalia o Rosalia Sinibaldi (1130-1156), secondo la tradizione, appartenne alla nobile famiglia dei Sinibaldi e fu vergine palermitana del XII secolo, figlia di Sinibaldo, signore di Quisquina e di Rose in provincia d'Agrigento, allora Girgenti. Visse alla corte di re Ruggero prima di ritirarsi come Eremita in una grotta sul monte Pellegrino, dove morì. Nel 1624 salvò la città dalla peste e ne divenne la patrona, spodestando santa Cristina, santa Oliva, santa Ninfa e sant'Agata. Secondo la leggenda apparve infatti in sogno ad un cacciatore indicandogli dove avrebbe potuto trovare i suoi resti, che portati in processione in città fermarono l'epidemia. Il culto della santa è tuttavia attestato da documenti a partire dal 1196 ed era diffuso già nel XIII secolo

il Papireto

il Papireto un fiume che  scorreva,  alimentato dalla sorgente dei Danisinni e da numerose  polle, lungo la depressione naturale, estesa per  tre chilometri dai Danisinni al mare (attuali Piazza Peranni, via Gioiamia, Piazza SS. Cosma e Damiano, Piazza Monte di Pietà, Piazza S. Onofrio, Via Venezia e Piazza Caracciolo dove fino al XVI sec.  penetrava il vecchio porto).
Ibn Hawqal, nell'anno 977,  così ci descrive il Papireto  che nelle attuali Piazza Peranni e Papireto assumeva l’aspetto di un lago: « fiancheggiato di vasti terreni paludosi, i quali dove producono canna persiana, dove fanno degli stagni, dove dan luogo a buone aie di zucche.  Quivi stendesi anche una fondura tutta coperta di papiro, ch'è proprio la pianta di cui si fabbricano i rotoli di foglio da scrivere.  Io non so che il papiro d'Egitto abbia su la faccia della terra altro compagno che questo di Sicilia". Dalle piante di papiro il fiume prese il nome di Papireto
Qui il fiume Papireto, fino al XVI sec., attraversando una grande fondura si apriva in un lago. Nella cartografia del XIX secolo il luogo viene indicato ancora come “lago del Papireto”.
Sebbene fossero passati tre secoli dal suo incanalamento rimanevano gli avvallamenti profondi creati al momento  di ricoprire la fondura, che alle prime piogge si colmavano d’acqua.
        
La Villa Papiretana
Nel 1832, si legge nella “La città perduta di R. La Duca”, il generale Giuseppe de Tschiudy, comandante delle truppe borboniche in Sicilia, provvide a far livellare questa zona e ad    impiantarvi    una     villa    pubblica,   intitolandola  a Leopoldo, Conte di Siracusa, luogotenente del Regno, ma comunemente detta « Papiretana » per la sua posizione topografica.
La villa era su un pianoro cui si accedeva per dei comodi viali ombreggiati da acacie, platani e salici. Una orchestrina spesso allietava chi  sostava nella villa impreziosita al centro da una fontana.
La villa per 16 anni fu ben curata  e sorvegliata a spese del generale Tschiudy che pagava 24 ducati al mese. Fu distrutta il 27 gennaio del 1848  dal popolo insorto. Al suo posto fino alla fine del secolo uno spiazzo accidentato e polveroso.